Aree protette

Sono molti in Valtiberina i luoghi d’importanza e di valore naturalistico. Nell’ultimo decennio molti di essi sono stati interessati dalla istituzione di un sistema di aree protette regionali e d’interesse locale. Le prime sono gestite dalla Provincia, le seconde, definite anche A.N.P.I.L. (aree protette d’interesse locale), sono gestite dalla Comunità Montana e in un caso, dai Comuni. In generale vi è comunque una stretta collaborazione tra i diversi Enti.

RISERVE NATURALI REGIONALI

Le Riserve Naturali Regionali sono 5; esse vengono elencate e brevemente descritte qui di seguito.  

 

1) Riserva Naturale Monti Rognosi

I Monti Rognosi costituiscono un’area montuoso-collinare che si estende a nord-ovest di Anghiari, per una superficie di 172 ettari. La cui cima più alta (Monte della Croce) arriva a 680 m di quota e l’altimetria è compresa tra i 350 ed i 700 metri.

I monti Rognosi sono caratterizzati da rocce metamorfiche verdi scure: le ofioliti. Su tale tipo di suolo si è sviluppata una vegetazione molto particolare ed un caratteristico paesaggio, che può apparire desolato e nudo a prima vista, ma che in realtà è ricco di specie botaniche e faunistiche.

Nido di picchio

La vegetazione originaria sarebbe a gariga (macchia degradata costituita da arbusti radi, aromatici, spinosi, con foglie tomentose, ossia ricoperte di leggera lanugine, per fronteggiare la siccità estiva), che però attualmente occupa solo un 12% dell’intera superficie. La rimanente parte è interessata, alle quote più elevate, da prateria ed arbusteti, mentre,  alle esposizioni più calde ed aride, da boschi misti di cerro e carpino nero o roverella,. Buona parte del territorio, inoltre, è occupato da soprassuoli artificiali, dovuti a recenti rimboschimenti con pino nero e, soprattutto in quest’area, con pino marittimo. L’area della Riserva Naturale dei Monti Rognosi si sviluppa anche lungo il versante destro del torrente Sovara (affluente del Tevere) e in questa zona sono presenti salici, pioppi e ontaneti.

Per quanto riguarda la fauna all’interno della Riserva sono molto presenti gli avicoli, principalmente con specie forestali (pettirosso, scricciolo, fringuello) e altre più legate ai boschi di conifere (cincia mora, fiorrancino e crociere), dovuti all’attività di rimboschimento.Nei boschi del fondovalle si trovano invece picchi e tordi. Comuni in generale sono i rapaci diurni come l’astore, il biancone e il lodolaio. Tra i mammiferi troviamo i toporagni e le arvicole. E’ poi interessante ricordare che sono presenti in questa zona alcuni anfibi endemici italiani quali la salamandrina dagli occhiali e la rana appenninica.

Entro il 2008 sarà operativo il nuovo Centro Visita dell'area protetta presso loc. "la Fabbrica" - Ponte alla Piera (Anghiari).  

 

2) Riserva Naturale Alpe della Luna

 Orma di lupo

L’Alpe della Luna è una lunga dorsale che scende da nord a sud interessando i territori dei comuni di Badia Tedalda, Sansepolcro e Pieve S.Stefano. La superficie complessiva è di 1540 ettari e l’altimetria va dai 520 ai 1453 metri (Monte dei Frati). L’area è prevalentemente boscata, con alternanza di zone ad arbusti e pascoli.

I suoli delle Alpi della Luna sono marnoso-argilloso-arenacei o prevalentemente arenacei; ciò implica che spesso sono soggetti con facilità a processi erosivi di varia natura. Su questo tipo di substrato si sviluppa una vegetazione pioniera, prativa e arbustiva. Dove le condizioni pedologiche si fanno buone il soprassuolo è invece interessato da faggete pure, generalmente sopra i 1200 m. A quote inferiori, a seconda dell’ esposizione, alle piante di faggio si affiancano cerri, sorbi e biancospino (sul versante tirrenico); come pure aceri e carpini (sul versante adriatico). Sempre scendendo sul versante adriatico incontriamo boschi misti di cerri, aceri, tiglio e frassino maggiore, carpino nero e acero opalo Sul versante tirrenico, alle quote inferiori ai faggi, sono presenti invece cerro, roverella, e castagni.

Per quel che riguarda le specie animali, l’ospite più importante delle Alpi della Luna è il lupo. Tra i mammiferi troviamo poi cervi, caprioli e piccoli roditori. Tra gli anfibi è presente anche qui la rana appenninica e le altre due specie endemiche italiane: l'ululone dal ventre giallo ed il geotritone italiano.  

 

3) Riserva Naturale Bosco di Montalto

Montalto è un rilievo a forma di cupola che si trova a pochi chilometri ad est di Pieve S.Stefano. La sua forma particolare lo rende ben visibile dalla strada provinciale. La riserva interessa una zona abbastanza circoscritta, della superficie di soli 20 ettari, sul versante settentrionale del monte, le cui pendici accidentate sono ricoperte di fitta vegetazione. La difficile accessibilità della zona ne ha reso difficile lo sfruttamento selvicolturale e ciò ha permesso lo sviluppo di boschi di grandissimo pregio.

Salamandra

Sono principalmente boschi di faggio a cui si associano specie arbustive quali il nocciolo, il biancospino e il sanguinello. In aree circostritte, sassose e con esposizione a nord, al faggio si associano aceri, frassini, tigli e olmi mentre, nelle zone più umide, vi si accompagnano cerri, carpini bianchi e neri e frassini. Da un punto di vista zoologico la Riserva Naturale di Montalto ospita molte specie avicole (ne sono state individuate 34) principalmente forestali. I mammiferi presenti sono sempre piccoli roditori e insettivori (arvicole, topiragni, talpe), a cui in queste zone si associa il cinghiale. Tra gli anfibi è presente anche qui la rana appenninica e la salamandra pezzata.

 

 4) Riserva Naturale Alta Valle del Tevere e Monte Nero

Capriolo

Il massiccio del Monte Nero si trova nella punta più a nord-ovest della Val Tiberina, vicino al confine della Toscana con l’Emilia Romagna, nel comune di Pieve S.Stefano. La superficie della riserva è di 470 ettari, con un’altitudine che va dagli 850 ai 1234 metri, nella vetta dell’omonimo monte.

Nel versante est di Monte Nero, sono presenti aree marnoso-arenacee sottoposte ad erosione che ospita una vegetazione abbastanza stenta e di scarsa copertura. Altrove la vegetazione assume fisionomia di prateria (tra i 750 m ed 1000 m), anche se di origine secondaria. Scendendo di quota incontriamo gli arbusteti e poi il piano arboreo, costituito principalmente da faggete, a cui si associano acero, cerro, abete bianco e ciliegio selvatico. Con esposizioni più termofile assieme ai faggi vegetano anche il frassino ed il carpino nero. Sul Monte Nero si trovano anche boschi misti di cerro, carpino nero ed acero opalo, che costituiscono un tipo di vegetazione forestale abbastanza diffuso nella Riserva. Assieme a queste specie si possono trovare frassini, roverelle, sorbi e talvolta anche carpini bianchi, aceri campestri e ciliegi selvatici.

La presenza di boschi vasti e poco frequentati rende la Riserva di Monte Nero adatta ad essere abitata da specie predatrici (mammifere e avicole) come il lupo, l’astore e lo sparviero. Oltre a queste specie è molto importante citare la presenza di picchi (picchio verde, rosso maggiore e minore, picchio muratore) e tra altri uccelli predatori, l’aquila reale e il falco. I mammiferi più diffusi sono quelli di piccola taglia e tra gli anfibi troviamo rane e tritoni.

 

5) Riserva Naturale del Sasso di Simone

Il massiccio del Sasso di Simone si trova nella punta più orientale della Val Tiberina, dove la Toscana s’incontra con le Marche. Comunque il Sasso di Simone è interamente appartenente al territorio toscano e ricade nel comune di Sestino. Il Sasso di Simoncello (facente anch’esso parte della Riserva Naturale) è invece Marchigiano e si trova in provincia di Pesaro. Anche se i due massicci si assomigliano molto per caratteristiche geologiche e floro-faunistiche, descriveremo qui in maniera particolareggiata solo gli aspetti del Sasso di Simone, per la sua piena appartenenza all’Alta Valle del Tevere.

Il suo aspetto è molto suggestivo, perché si staglia solitario dal terreno circostante, con una mole imponente che induce la mente a divagare sull’infinita grandezza della natura e sulla piccolezza dell’uomo e delle vicende umane.

Orma di ungulato

La Riserva Naturale del Sasso di Simone è stata istituita nel 1996 e consta di una superficie di circa 1600 ettari, con un’altimetria che va dai 940 ai 1221 metri. Il suo territorio, oltre che per la particolare morfologia, suscita interesse da un punto di vista naturalistico e archeologico. Geologicamente il Sasso di Simone deve il suo aspetto alla piattaforma calcarea che lo costituisce, e che poggia su una piattaforma di argille. Tutta la struttura  è interessata da erosione, ed in alcune zone il suolo assume l’aspetto calanchico. La vegetazione presente nella riserva risente delle condizioni del substrato: le zone calanchiche e le pareti scoscese del Sasso sono ricoperte di scarsa vegetazione erbacea e arbustiva. Sulla sommità del rilievo sono invece presenti pascoli arbustati, con piante di ginepro, biancospino, rose selvatiche, rovi e ginestra odorosa.

Nella zona circostante il Sasso di Simone e il Simoncello si estende e sviluppa, invece, una delle cerrete più grandi d’Italia. Le piante di cerro sono presenti, sia sottoforma di cedui matricinati, sia di fustaie. Al cerro si associano, a seconda dell’esposizione e del tipo di terreno, frassino maggiore, aceri e faggi. Alcuni boschi di conifere (pino nero) si trovano nella parte nord-ovest dell’area protetta, impiantati circa una trentina di anni fa per tenere sotto controllo l’erosione delle argille e rivestire in parte le pendici nude del massiccio. Sulla sommità del Sasso, per un breve momento allo sciogliersi delle nevi, si assiste ad una splendida fioritura di fiori precoci (bucaneve, anemoni gialli, colombine), che costituiscono un tappeto continuo di straordinaria bellezza.

Da un punto di vista zoologico l’interesse della Riserva Naturale del Sasso di Simone è costituito dalla presenza di avicoli tipici della zona montana ad eccezione soltanto di alcune specie che si trovano a quote particolarmente elevate e di quelle caratteristiche di foreste montane di conifere. Sono presenti anche alcune specie di uccelli non strettamente legate ad ambienti forestali come anche alcune considerate in pericolo di estinzione. Tra i mammiferi è importante citare la presenza del lupo, che trova in questo ambiente indisturbato, il suo habitat ideale. Accanto al lupo vi sono poi cinghiali e caprioli, mentre tra i mammiferi di taglia minore sono presenti insettivori e roditori. Tra gli anfibi troviamo la rana appenninica, la raganella e le vipere, tra le specie più diffuse.

Da un punto di vista storico il Sasso di Simone è stato testimone di alterne vicende, che hanno visto la costruzione, sulla sua sommità, prima di un’abbazia benedettina sui resti di un edificio longobardo (attorno all’anno 1100). Successivamente, nel 1500 circa, vi venne edificata una fortezza dalla famiglia Malatesta. I Malatesta, quando nel 1520 cominciarono a perdere il loro potere, passarono la fortezza nelle mani della famiglia de’ Medici, che decise di costruirvi una città fortezza allo scopo di potenziare il suo potere in una zona così limitrofa. La costruzione della città venne iniziata, ma l’opera non è mai stata portata a termine, a causa dell’inaccessibilità del luogo e della distanza dai centri abitati. Attualmente sulla sommità del Sasso rimangono i resti di quell’opera architettonica rimasta incompiuta.

LE A.N.P.I.L.

Le Aree Naturali Protette di Interesse Locale che si trovano nella Valtiberina Toscana, sono in tutto tre e tutte interessano un territorio abbastanza circoscritto.

La ANPIL del Taxus baccata di Pratieghi si trova nella parte più a nord della valle, vicino a Badia Tedalda. Istituita nel 1998 dalla Comunità Montana Valtiberina Toscana e gestita in collaborazione con la Provincia di Arezzo, si estende su una superficie di 62 ettari, e comprende un importante nucleo di bosco misto di latifoglie (faggi , carpini, cerri e aceri) caratterizzato dalla presenza di un popolamento di tasso (Taxus baccata), nelle zone della Valbuia e nel Fosso Grande. Nel bosco sono presenti anche altre specie forestali significative, quali il tiglio nostrale, acero montano e l’olmo montano. Tra la fauna sono presenti lo sparviero, la poiana, il picchio verde e il picchio rosso maggiore.

Scendendo verso sud s’incontra la ANPIL Serpentine nel comune di Pieve S.Stefano. Questa area protetta occupa una superficie di 126 ettari che comprende i rilievi di M. Murlo (603 m), M. Petroso (649 m) e Poggio delle Calbane (879 m), ed è caratterizzata da rocce ofiolitiche su cui sono presenti specie erbacee ed arbustiva .Il 30% circa della superficie è stata sottoposta a rimboschimenti, soprattutto con piante del genere Pinus. La vegetazione originaria delle rocce presenta comunque specie molto particolari, anche a rischio di estinzione, che motivano la scelta protezionistica di questa zona.

Nella parte ancora più a sud della valle, vicino all’invaso di Montedoglio, si trova la terza e ultima ANPIL della Val Tiberina Toscana: la ANPIL Golena del Tevere. Quest’ area interessa i comuni di Anghiari e Sansepolcro e si estende per circa 174 ettari, attorno all’alveo del Tevere e la piana alluvionale da questo creata e che viene sommersa solo durante le piene e tecnicamente definita, per questo, “golena”. Questa zona del Tevere ha subito molte modifiche in passato, fino alla più recente realizzazione dell’invaso di Montedoglio. La porzione protetta dalla ANPIL è quella caratterizzata da una maggiore naturalità e posta in una suggestiva posizione, circondata dai Monti Rognosi, dall’Alpe di Poti e dall’Alpe della Luna. La vegetazione della golena è quella tipica ripariale, con salici e pioppi che si spingono anche all’interno, dove sono presenti vecchie cave di pietra. Sono presenti zone a canne e tifi che facilitano la nidificazione di specie avicole quali il tarabusino, il martin pescatore, la folaga e il germano reale. Fra i passeriformi legati alle zone umide sono da segnalare il pendolino e il cannareccione, anch’essi ormai regolarmente nidificanti. La fauna ittica ha fortemente risentito degli effetti dell’invaso, ma conserva ancora specie interessanti, tra cui si segnala quella del ghiozzo di ruscello, piccolo pesce di fondale tipico dei corsi d’acqua toscani, umbri e laziali.

Vicino all’invaso di Montedoglio è presente un’ulteriore area, di estensione molto più limitata rispetto a quella della Golena del Tevere. Anche se non classificata come ANPIL ospita un’interessante avifauna. La zona in oggetto si estende per circa 3 km, tra il ponte Singerna e Sigliano, ed è possibile ammirarvi anatre selvatiche, moriglioni, fistioni turchi, alzavole, cormorani, gabbiani reali ed esemplari di svasso maggiore.

Indice dei capitoli

- Introduzione alla Valtiberina
- Cenni storici
- Geologia e geomorfologia
- Flora…
- …e fauna
- Cultura…
- ...gastronomia…
- …ed artigianato
- Approfondimento sul tartufo
- Eventi e manifestazioni
- Aree protette
- S.I.C. siti d’importanza
- comunitaria
- Le riserve naturali statali
- Pescare in Valtiberina
- Sui passi di S. Francesco
- Scopriamo i comuni della
- Valtiberina